Il “big gap” del local marketing

I moderni operatori di marketing hanno l’arduo compito di accompagnare virtualmente i clienti lungo la customer journey, osservandone i comportamenti e cercando di influenzare le scelte che conducono, si spera, verso la decisione d’acquisto. Un contesto in cui ormai tutto è digitale: la comunicazione, la vendita, i pagamenti, i prodotti, le relazioni. Si è creato così un ecosistema parallelo, apparentemente sconnesso dal mercato reale, caratterizzato da regole e dinamiche in continua evoluzione verso le quali siamo tutti proiettati.

 

Questa forte spinta verso la digitalizzazione e l’innovazione ci fa spesso dimenticare che il 95% del commercio è ancora direttamente o indirettamente connesso al retail tradizionale. L’e-commerce cresce a doppia cifra ogni anno, ma la maggior parte degli acquisti avviene ancora off-line in contesti tipicamente locali. Il motore dell’economia è quindi ancora saldamente legato al territorio dove competono catene di negozi, operatori della grande distribuzione e milioni di piccoli commercianti. Del resto anche gli utenti più digitalizzati dichiarano di preferire gli acquisti off-line se hanno un negozio vicino a casa o se possono acquistare il prodotto più velocemente e ad un miglior prezzo.

 

Questa predominanza degli acquisti locali rispetto all’ecommerce però non deve far pensare che le attività promozionali debbano concentrarsi sui canali off-line. Gli acquisti tradizionali infatti sono fortemente influenzati dall’on-line.

 

I numeri parlano chiaro:

 

  • il 30% delle ricerche provenienti da smartphone è di tipo locale;
  • il 76% delle persone che cerca qualcosa nelle vicinanze visita l’attività commerciale entro 1 giorno;
  • il 28% delle persone che effettua una ricerca locale compie un acquisto in-store.

 

In questo delicato passaggio “online-to-offline” si concentra l’essenza del moderno marketing locale, l’ultimo miglio della comunicazione digitale e il punto più importante del marketing funnel per tutti gli operatori del retail e delle filiere collegate. Parliamo di un flusso digitale decisivo, prossimo alla conversione locale in-store, che va presidiato e gestito in maniera puntuale e organizzata.

 

La verità è che in questo punto così critico le strategie di comunicazione e marketing delle grandi aziende attive sul retail e delle microimprese sparse sul territorio spesso sono assenti o poco efficaci. Perché? I brand del retail faticano a gestire la granularità necessaria per una comunicazione locale declinata sul singolo punto vendita, disperdendo così gli investimenti pubblicitari fatti a livello nazionale. Ai piccoli commercianti mancano il tempo e le competenze digitali per promuoversi in rete. Il 30% delle microimprese addirittura non ha un sito Web. Il 70% non è presente sui social e l’86% non fa marketing e comunicazione on-line.

 

E’ proprio questo il marketing gap della comunicazione locale. Un flusso promozionale che si interrompe nel suo punto più importante. Un facile goal a porta vuota che non si realizza per mancanza di attaccanti. Un problema che danneggia il retail e l’intera filiera ad esso collegata.

 

Qual è l’impatto sulle revenues del BIG GAP del local marketing? Una presenza digitale destrutturata, incompleta o errata ha, da sola, un effetto negativo immediato e diretto sulle vendite.  Una recente survey di Brightlocal ha dimostrato che l’inesattezza o la mancanza di dati locali strutturati (si pensi alla “banale” scheda Google My Business) genera un senso di frustrazione nei clienti che incentiva la ricerca di alternative più valide:

 

  • I dati locali errati o incompleti generano un forte senso di frustrazione (93% degli intervistati)
  • Impattano negativamente sulla fiducia che si ha per il brand (80% degli intervistati)
  • Aumentano l’inclinazione a non acquistare presso il brand (68% degli intervistati)

 

Quali sono le soluzioni pratiche a questo problema? Il primo passo, senza dubbio, è acquisire una maggiore consapevolezza del problema. Lo step successivo è definire una strategia local orientata alle performance, finalizzata alla definizione di  funnel di marketing locali. Questo significa che per ogni punto vendita si dovrà strutturare una presenza digitale completa e coerente, dei touchpoint orientati all’acquisizione di lead, delle campagne di local advertising in grado garantire visibilità sul territorio e pedonalità nei negozi. Non devono mancare infine degli strumenti di marketing automation specifici per “riscaldare” i local lead o per stimolare il riacquisto dei clienti attivi. Solo in questo modo la customer journey viene presidiata fino in fondo, capitalizzando gli investimenti di marketing nazionali e moltiplicando le opportunità di conversione.

 

Il problema come spesso succede si trasforma in un’opportunità: le agenzie potranno costruirsi un ruolo consulenziale importante anche in questi contesti locali e le aziende saranno in grado di ottimizzare i propri investimenti digitali grazie ad un funnel end-to-end attivo in tutta la customer journey.

 

Fonti:

 

Voodoo
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